Il concept della nuova collezione nasce come una lenta riflessione sulla società. La location scelta è una palestra di boxe, dove il ring si trasforma in palcoscenico sul quale mettere in scena una performance in cui gli abiti sono al servizio della narrazione.
Gli oggetti, ricoperti di tessuto legato e trattenuto da corde diventano metafora del limiti autoimposti dalla frenesia del mondo. Sul ring, i personaggi della storia compiono gesti quotidiani come leggere un giornale, un libro, fumare una sigaretta, il lavoro di un imbianchino, gesti lenti e riflessivi, frenati da barriere e costrizioni.
Questo spaccato di vita quotidiana si riflette sulla collezione attraverso forme decisamente over, sia nel fit che nelle sovrapposizioni, come strati e sfaccettature dell’essere umano. Il denim è usato, dirty e rovinato, sporcato dalle gocce di vernice. Le regole del brand sono sovvertite: la giacca è destrutturata e mai abbinata ad un pantalone classico, piuttosto il metissage è con un pantalone sportivo, con dettagli tecnici.
I corsetti, realizzati in denim questa volta sono destrutturati e perdono la loro attenzione sul corpo. I materiali e i toni sono volutamente neutri e l’attenzione è posta su lavorazioni, volumi e drappeggi. Resta l’amore per la seta stampata, questa volta con ideogrammi che riprendono la poesia classica e l’iconografia dei francobolli, simbolo del tempo che passa.
Per le calzature ACT N°1 ha collaborato con CROCS, intervenendo con corde in nylon, espressione delle costrizioni che ci limitano. L’impegno del brand nei confronti dei diritti delle donne torna su un tema particolarmente sentito: le spose bambine, costrette al matrimonio contro la loro volontà. La liberazione della donna non è ancora un diritto conquistato in tutto il mondo: una sfilata può comunicare molto e ottenere risultati insperati.