Un nuovo tassello nella guerra contro gli uomini che negli Stati Uniti e in parte in Inghilterra sta letteralmente infuriando sui media e sul web. Se non ne avete ancora sentito parlare, fatevi qualche ricerca online, cercate magari ‘war against masculinity’ (guerra contro la mascolinità) come punto di partenza. Ricordatevi di attivare il cervello e i filtri critici prima di iniziare a documentarvi, mi raccomando.
Comunque, torniamo a noi e all’argomento del titolo. Anche Gillette, di Procter&Gamble, che negli anni è diventata quasi sinonimo di lamette da barba, scende in campo contro gli uomini, proprio quegli uomini che finora hanno comprato le sue lamette. Lo fa producendo un video di quasi due minuti in cui l’uomo tradizionale viene accusato di essere violento, un molestatore di donne, di essere un esempio negativo per le nuove generazioni. E lo fa affidando la regia di questo video ad una donna, Kim Gehrig nota per le sue posizioni femministe e che in passato ha già diretto numerosi video di propaganda del messaggio femminista 3.0.
Evidentemente Gillette ritiene che le nuove generazioni, i cosiddetti ‘soy-boy’ o gli ‘snowflakes’ cosi delicati, le lamette di Gillette le compreranno loro, per farsi la barba o per radersi altre parti del corpo poco importa. O magari aumenteranno le vendite tra il pubblico ‘femminile’… in fin dei conti una lametta venduta è una lametta venduta.
Certo le vendite delle tradizionali lamette da barba di Gillette potrebbero vedere una flessione, almeno a giudicare dai numerosissimi ‘dislike’ che il video sta accumulando sul canale ufficiale di Gillette su Youtube (nel momento in cui scriviamo 22k likes e 210k dislikes, in crescita costante). E a giudicare dalla reazione di personaggi pubblici noti nel mondo anglofono che stanno reagendo al video invitando a non acquistare più prodotti Gillette.
Onestamente di Gillette e della regista non è che ce ne freghi molto, ma rileviamo comunque che per convinzione o per interesse commerciale (molto probabilmente) ormai sono sempre più i grossi marchi che si stanno imbarcando sulla nave del politically correct ad ogni costo, dell’inclusivismo spietato, dell’attacco frontale agli standard di bellezza attuali, dell’attacco alla mascolinità, dell’apertura a tutti e a tutti i costi.
A meno che Gillette non abbia solo voluto lanciare una provocazione. D’altronde questi che lavorano nel marketing e nella pubblicità venderebbero la nonna per un pezzo di pane. Come diceva il bravissimo Bill Hicks https://www.youtube.com/watch?v=raFs7Ghf_Dc
Ma ne dubitiamo.
Dove porta questo progetto? Provate a pensarci, soprattutto quando un telegiornale apre con una notizia che notizia non è, quando guardate la homepage di un quotidiano online e vi sparano in faccia foto strazianti filtrate come su instagram per essere ancora più efficaci, quando vi propongono una sfilza di notizie inutili per farvi capire quali sono i comportamenti socialmente accettabili, e quando vi propongono altresì una sfilza di notizie inutili per farvi capire cosa non va fatto, detto, e neppure pensato. Aprite la homepage che ne so, di un corriere.it o repubblica.it e scorretela velocemente, senza aprire i link, ma solo leggendo i titoli. Capirete cosa intendiamo.
In ogni caso torniamo sempre a parlare di propaganda. Fortunatamente la propaganda può essere facilmente smantellata quando viene esposta e recepita come tale. Quando leggete un giornale, andate al cinema, assistete ad una premiazione tipo music awards o la consegna degli oscar siete esposti alla propaganda – da sempre intendiamoci. Se avete attivato i filtri critici all’inizio di questo articolo, sempre che non vi costi troppa fatica, teneteli attivati. Vi saranno utili.
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