ADVERSUS | Academica | Attenti alla internet delle cose (IoT) che sta per entrare nelle case di tutti. Le cose da sapere per tutelare la privacy

Attenti alla internet delle cose (IoT) che sta per entrare nelle case di tutti. Le cose da sapere per tutelare la privacy

Avete già sentito parlare della internet delle cose? Ormai lo smartphone ha colonizzato il cervello …

Attenti alla internet delle cose (IoT) che sta per entrare nelle case di tutti. Le cose da sapere per tutelare la privacy
Attenti alla internet delle cose (IoT) che sta per entrare nelle case di tutti. Le cose da sapere per tutelare la privacy

Avete già sentito parlare della internet delle cose? Ormai lo smartphone ha colonizzato il cervello e la vita di gran parte della popolazione. Poco conta la classe sociale, e ormai anche l’età. Il naso affondato nel minischermo dello smartphone e l’espressione mista tra ebete e divertito, o preoccupato, a seconda di quello che si sta leggendo. Finalmente qualcosa che lega l’adolescente che non ha ancora capito cosa è la vita, al pensionato che ha infine scoperto le gioie della vita ‘connessa’. Ma sarà una cosa bella?

E se qualcuno pensava che lo smartphone fosse il limite massimo non solo del rincoglionimento ma anche dell’invasione della privacy… beh… ripensiamoci perché stiamo per essere letteralmente invasi da gadgets ed elettrodomestici che faranno a brandelli quel poco che resta della privacy individuale. Di chi li adotterà in maniera indiscriminata e acritica, naturalmente.

Abbiamo chiesto a Marco Calamari, una delle voci più acute e documentate nel panorama italiano quando si tratta di privacy e tecnologia (seguitelo, ne vale la pena https://twitter.com/XingCassandra) di aiutarci ad inquadrare il fenomeno e i problemi che si porta e si porterà dietro nel futuro prossimo. Consigliamo a tutti i lettori e a tutte le lettrici, soprattutto a quelli che hanno figli giovani, di prestare bene attenzione al contenuto di questa intervista, ne vale la pena. E magari di diffonderla in tutti i modi, farete un favore ai vostri contatti.

Attenti alla ‘internet delle cose’ (IoT). Le cose da sapere per tutelare la privacy

Forse non tutti si rendono conto del fatto che uno smartphone nel taschino non serve solo a ricevere telefonate, messaggini, video. Serve anche, forse soprattutto aggiungo io, a trasmettere dati personali, personalissimi. Ci può aiutare ad inquadrare a grandi linee cosa fa, e cosa è teoricamente in grado di fare, uno smartphone grazie ai molti sensori di cui è dotato e ad una connessione a banda larga a internet attiva praticamente 24 ore 24?

Uno smartphone e’ un computer multitask e multiutente di caratteristiche e potenza paragonabili a quelle che potevano far funzionare un intero ufficio tecnico venti anni fa. Senza insistere su questo, diciamo che puo’ fare tutto. Anche la sua connessione ha la velocita’ pari a quella dell’intero ufficio tecnico di cui sopra. Contiene alcune decine di milioni di linee di codice che sono incomparabilmente di piu’ di quelle che sarebbero necessarie per garantire le suo funzionalita’ di base.

Cosa fa? Fatevi le domande, datevi le risposte.

Quali sono le cose che tutti dovrebbero sapere e tenere bene a mente prima di aderire incondizionatamente e in maniera totalmente acritica a questa cosiddetta Internet delle cose (anche nota come IoT)? La Iot, per i lettori che ancora non lo sanno sta per ‘internet of things’, una internet che collega e collegherà tutto sempre di più… dal frigorifero allo smartphone, dalla lavatrice allo stereo, dalla Google Clips fotocamera sempre attiva con tanto di microfono dotata di intelligenza (???) artificiale all’Amazon Echo anche lui sempre attivo (per servire i nostri bisogni of course). Offre solo i vantaggi che i media stanno iniziando ad esaltare, oppure c’è anche un lato più dark in questa Internet delle cose?

Nessuno puo’ essere convinto a guardare con occhio critico un oggetto IoT se non e’ gia’ convinto di dover fare lo stesso con oggetti piu’ familiari, ad esempio il suo smartphone.

Se un cellulare e’ un oggetto preoccupante perche’ puo’ fare (come in effetti fa) cose senza la percezione del suo proprietario e contro il suo interesse, un oggetto dell’IoT sara’ ancora piu’ insidioso da questo punto di vista. Gli oggetti IoT tipicamente sono altrettanto complessi di uno smartphone, ma nascondono completamente la loro complessita’ perche’ vencono identificati con la loro funzione principale. Come un ferro da stiro viene identificato da sempre con la sua funzione principale (e per ora unica) di stirare, una smartTV viene identificata con la funzione di guardare la televisione.

Eppure contiene un intero sistema operativo, e’ connessa ad internet, ha microfono e telecamera ed il suo manuale utente avverte di non dire o fare cose riservate davanti ad essa. Ma chi legge i manuali o le licenze d’uso?

La Internet delle cose non sarà solo negli elettrodomestici, ma verrà indossata sempre di più. I sensori che indosseremo, e che qualcuno accetterà magari di farsi ‘installare’ sottopelle, verranno sempre più proposti come irrinunciabili e magari che non cederà alla tentazione inizierà a trovarsi svantaggiato. Che ne so… code agli aeroporti, alle casse dei supermercati…? Forse? Quali gli scenari più realistici visti dal suo punto di osservazione sul mondo della tecnologia e della privacy?

Ho scritto da poco un articolo sul crescente numero di sensori che ci circondano e che portiamo con noi

http://punto-informatico.it/4407521/PI/Commenti/cassandra-crossing-sensori-spioni-profusione.aspx

Piu’ sensori significa piu’ dati personali raccolti; se i sensori sono indossati, come un braccialetto fitness, piu’ dati biometrici sensibili raccolti. Le persone tipicamente non sono preoccupate dalla raccolta e dall’uso dei loro dati biometrici solo perche’ non sono preoccupate in generale della raccolta ed uso dei loro dati personali. I dati biometrici permettono di fare e di sapere sulla persona cose estremamente piu’ delicate, come dedurre dal battito cardiaco rilevato dal braccialetto fitness cosa sta facendo in ogni momento (si, anche “quello”).

Le auto di oggi sono già piene di sensori, e lo saranno sempre di più. Dalle scatole nere alla guida ad intelligenza artificiale, dalla possibilità di limitare la velocità intervenendo dall’esterno a quella di rintracciare l’auto in ogni occasione. Sempre per la nostra sicurezza chiaramente. È e sarà sempre così? Sempre nel nostro interesse?

Ovviamente no. Qualunque oggetto IoT risponde prima di tutto al suo creatore e padrone, proprio come la scimmietta di Indiana Jones. Poi cerca anche di essere utile al suo acquirente, che ne e’ il proprietario solo per quello che l’accordo di licenza e le leggi sulla proprieta’ intellettuale gli consentono. L’esordio annunciato delle auto a guida autonoma non sfuggira’ certamente a questa ferrea regola dell’IoT. Invece sara’ terreno fertile per gli avvocati, viste le interessantissime quiestioni che apre su responsabilita’ in caso di incidente e sulla scelta del “male minore” in caso di eventi imprevisti. Tutti amano i bambini, ma voi comprereste un auto che vi butta giu’ da un ponte perche’ un ragazzino imbecille attraversa la strada correndo?

Domanda inevitabile, a questo punto. Come se ne sta fuori, almeno parzialmente? Ci sono spazi di manovra per chi non vorrà aderire incondizionatamente a quello che stiamo vedendo nascere sotto i nostri occhi? Ad alcune cose è difficile (impossibile) rinunciare, perché imposte per legge (ad esempio i nuovi smart meter che misureranno i consumi del gas, quelli dell’elettricità sono già installati), ad altre perché troppo comode per rinunciarvi, ma sempre e in ogni caso perché ‘tanto non ho nulla da nascondere’. Cosa può dire a chi adesso dice ‘non ho nulla da nascondere’, non per dissuaderlo ad entrare nell’era dell’internet delle cose, ma per aiutarlo ad entrarvi con un po’ di cognizione di causa?

Beh, questa e’ facile. A chi dice o pensa “… tanto non ho nulla da nascondere” posso solo augurare di rinsavire… posto che ce ne sia speranza. Per quanto riguarda vivere in un mondo insieme all’IoT, posso solo consigliare di cercar di capire la differenza tra oggetti normali ed oggetti dotati di computer, accesso ad internet e contenenti milioni di linee di software,  ed agire di conseguenza. Non si puo’ evitare l’IoT; l’unica strategia e’ sfruttarne i principali vantaggi che offre applicando una strategia di minimizzazione del danno.  Smartphone si, ma GPS sempre acceso no. Telecamera in camera e peluche smart per bimbi no.

Del resto, in un mondo permeato dell’IoT anche i “paranoici” non potranno fare piu’ di questo.

Marco Calamari
Marco Calamari

Ringraziamo Marco Calamari: ingegnere, classe 1955, talvolta noto come Cassandra, a 18 anni dovette decidere se comprarsi una macchina usata od un pc. Scelse il pc e da allora non si e’ ancora completamente ripreso. Lavora come archeologo di software legacy in una grande multinazionale, ma e’ appassionato di privacy e crittografia in Rete, dove collabora a progetti di software libero come Freenet, Mixmaster, Mixminion, Tor & GlobaLaks. E’ il fondatore del Progetto Winston Smith e tra i fondatori dell’associazione Hermes Centro Studi Trasparenza e Diritti Umani Digitali. Dal 2002 organizza il convegno “e-privacy” dedicato alla privacy in Rete e fuori, ed e’ editorialista di “Punto Informatico” dove pubblica la rubrica settimanale “Cassandra Crossing“.

Marco Calamari@calamarim

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