Trasformare in equazioni la complessità dell’universo è il compito degli scienziati e per questa collezione Max Mara prende spunto dalla fisica ed esplora un affascinante mondo fatto di numeri irrazionali, immaginari, trascendentali.
Ipazia, matematica, filosofa, astronoma vissuta ad Alessandria d’Egitto nel IV secolo d.C., diventa la musa di questa stagione, pioniera assoluta e artefice di importanti teorie sviluppate partendo dagli studi di Pitagora.
I diagrammi triangolari delle sue equazioni ricordano le frecce semplici ma fondamentali che i sarti usano per trasformare un tessuto piano in una forma tridimensionale. Le cuciture dei trench e dei capi sartoriali in fresco cotone rimandano ai segni grafici della trigonometria. I drappeggi tipici del tempo di Ipazia si trasformano in contemporanee asimmetrie, quasi degli origami su una spalla o su un fianco.
Le ricerche di Ipazia sui coni si traducono in coulisse ellittiche messe a punto con una precisione matematica per scoprire il ventre, la schiena, oppure una spalla. Mentre l’eleganza delle antiche sacerdotesse rinasce nelle gonne a colonna e negli avvolgenti abiti a costine. Le nuove giacche, dalle spalle squadrate e strette, definiscono la silhouette slanciata.
Aspettarsi l’inaspettato, sostiene la teoria del caos. Lo stesso vale per la collezione, dove geometrie e precisione spaziano tra l’impeccabilità di tessuti come la gabardina, il drill e il denim haut de gamme e le sete stropicciate, attraversate da pieghe irregolari. Dove estetica e tecnica di costruzione si fondono per fare anche di una semplice camicia di popeline un’icona di design.
La palette cromatica è un insieme di bianco cristallino, nero come l’ossido di rame, marrone, blu delphinium e nitrato d’argento, nuance “rubate” agli elementi dei laboratori scientifici, quasi a voler creare una chimica magica. Una magia solo all’apparenza in contrasto con il “science mood” di stagione, perché come diceva lo scrittore Kurt Vonnegut: «La scienza è magia che funziona».