A volte un’intervista ti permette di conoscere meglio un personaggio, a volte (più raramente) un’intervista diventa fonte di ispirazione per chi la legge. Come in questa bellissima intervista a Nicola Martini, Director, che ha firmato alcuni degli spot e progetti di branded content più “cinematografici” tra i molti che girano in tv e sul web, da Ray-Ban a Peugeot, a BTicino tanto per citarne alcuni. In questa intervista a Nicola Martini parliamo delle basi fondamentali per chi vuole intraprendere la carriera di Filmmaker o Regista, tra gli alti e bassi che tutti inevitabilmente vivono, e poi parliamo di tecnologia, di sogni e di cosa non gli piace nel mondo in cui vive e lavora. E del fatto che invece di diventare un Regista avrebbe potuto fare il giornalista oppure il vinaio.
Come hai iniziato? Quali sono stati i tuoi primissimi passi nel mondo della produzione video?
Ho iniziato facendo la gavetta più che altro in ambito televisivo, su programmi anche grandi, è stato interessante vedere un po’ come funziona la filiera di un grande impianto produttivo di quel tipo. Poi siccome ho sempre voluto fare un percorso artistico nella pubblicità e nel cinema, ho lasciato quel contesto perché non c’entra in nessun modo con me e con quello che volevo fare e ho iniziato a lavorare prima come filmmaker per piccoli reportage e mini documentari poi ho iniziato a fare i primi piccolissimi mini spot con delle mini troupe e cose così, come regista. Da li è iniziato un percorso di crescita tra pubblicità e progetti narrativi sempre più consistenti
SHE FIGHTS // OFFICIAL TRAILER from Nicola Martini on Vimeo.
E quindi posso dire che di conseguenza io, e la mia carriera per il momento credo un minimo lo dimostri, mi sento costantemente scisso tra due anime: pubblicità e narrativa (cinema e serialità, per quello che ho fatto ad ora). Autoralità e Genere. Forse sono un po’ “crossover”, anche nel linguaggio forse. E forse le mie opere narrative sia di branded content che personali sono un po’ crossover anche esse, un po’ d’autore un po’ di genere. Spero che la mia carriera cresca ad un livello molto alto sia in pubblicità che nel cinema o comunque nei progetti narrativi.
Ricordi ancora il tuo primo, vero lavoro retribuito? E la tua prima ‘macchina da presa’?
Il primo lavoro retribuito in assoluto è stato come ultimo degli assistenti di redazione in una sit-com televisiva. Il primo lavoro da filmmaker è stato un video bruttissimo per un hotel nella provincia di Milano, girato in minidv… un risultato dimenticabile. Il primo lavoro da regista “puro” credo uno spot web per il bollo auto.
La prima “macchina da presa” fu a 19 anni una mindv di un mio amico che usai per girare un corto in casa mia durante due serate in cui costrinsi i miei genitori dentro una stanza perché altrimenti disturbavano. Poi a inizio della carriera professionale comprai una 5D MarkII con cui feci un po’ di cose.
Pensi che sia importante frequentare prima una scuola per potersi avvicinare a questa professione?
IL MISTERO SOTTILE // OFFICIAL TRAILER from Nicola Martini on Vimeo.
Domanda complessa. Io credo non sia per nulla necessario frequentare una scuola di regia. Siamo sinceri: quanti di quelli che fanno il lavoro di Regista, ad eccezione del centro sperimentale a Roma, sono usciti dai corsi di regia nelle varie accademie? Pochissimi, quasi nessuno. Ogni regista ha un percorso diverso e personale, non c’è una regola. Io per esempio ho fatto studi classici e poi mi sono laureato in Lettere e Filosofia con indirizzo di Semiotica e poi dopo ho conseguito una laurea specialistica in Cinema e Tv. Ci sono registi di alto livello che stimo tantissimo che magari sono laureati in architettura o in altre discipline, o vengono dalla produzione o hanno fatto altro prima. Di una cosa però sono abbastanza certo: per fare una carriera di un certo profilo serve fare anche un percorso di studi che elevi la tua cultura e sviluppi il tuo pensiero. Non è molto importante studiare la tecnica (magari sarà importante approfondirla in un secondo momento e lo si farà velocemente) o come girare con una videocamera ma è secondo me molto importante fare un percorso di formazione che ti faccia studiare i linguaggi, la letteratura, la storia, il mondo, per esempio. Io credo che questo possa fare la differenza sul lungo periodo sopratutto quando i progetti a cui lavori si alzano di livello. Girare delle belle immagini e montarle in modo carino con una bella musica è ormai abbastanza facile e accessibile a molti ma sapere raccontare davvero e mettere in scena è ben più complesso e importante, e la cultura, gli studi che uno fa (oltre alle esperienze, agli istinti e al talento, ecc) sono fondamentali per creare una solida base su cui costruire un mestiere e un profilo artistico robusto.
Il filmmaker del 21esimo secolo spesso comprende più figure professionali che in passato erano separate: regista, operatore, autore, direttore della fotografia… e via discorrendo. Quali sono gli aspetti di cui ti occupi personalmente per quanto riguarda la produzione dei tuoi video?
Io in questo sono abbastanza netto. Io dirigo, metto in scena. Può capitare che operi con la mdp in qualche occasione ma è molto raro. Mi fido molto dei miei collaboratori e credo che il vero lavoro di squadra e ciò che genera il confronto tra il regista e i vari reparti sia uno degli aspetti più eccitanti e creativi del mio mestiere. Io poi cerco sempre quel piccolo margine in cui, ad esempio, un direttore della fotografia o un montatore interpreta a suo modo quello che gli hai chiesto e inferisce un qualcosa di più alla scena. Quando accade e funziona per me è magico.
COMMERCIAL // RAY – BAN // WAYFARER from Nicola Martini on Vimeo.
Diciamo che di base ho un approccio sempre un po’ di controllo e sviluppo autorale nella gestione del progetto (ovviamente dipende molto anche dalla natura del progetto stesso e dall’eventuale tipo di committenza) e spingo al massimo sul fatto che i vari reparti e le figure artistiche coinvolte (oltre la mia) siano molto motivati e allineati per raccontare “quella storia” in quel modo. Perché io sono certo che aldilà dell’approccio diverso che ogni regista ha e delle possibili evoluzioni di questo mestiere nel corso del tempo, l’unica cosa che non cambierà mai è la necessità di raccontare “storie” e sopratutto di trasmettere emozioni, di qualsiasi tipo. Che siano in 30’’ o in 90’.
Quale è l’equipaggiamento (camera, lenti preferite) che oggi usi sui set dei tuoi short movies?
Dipende dalla natura del progetto e dalle possibilità che il budget ti permette.
Solitamente giro con Alexa Mini. Le lenti cinematografiche le decide il direttore della fotografia in accordo con me in base a quella che è l’anima e lo stile del progetto. A volte uso lenti anamorfiche a volte no. Dipende. Tendo di base a scappare un po’ da soluzioni molto estetizzanti, in particolare su progetti molto narrativi o di fiction, perché credo che alla fine lo spettatore possa a sua volta scappare un po’ quando vede un’immagine troppo costruita e quindi poco emotiva. Ma è un mio parere, dovuto sopratutto al mio approccio molto cinematografico e al fatto che ho realizzato diversi progetti narrativi (sia personali che su committenza) e che la mia carriera si sta sviluppando sempre di più su quella strada.
Ovviamente c’è differenza tra girare uno spot o un progetto narrativo (sopratutto personale come un cortometraggio). Sul progetto narrativo, la scelta del materiale tecnico è per me un po’ più secondaria e deve essere in funzione del racconto: in questo caso è la storia e la credibilità drammaturgica della messa in scena e dell’acting ad essere per me prioritaria. Anche in pubblicità non è da escludere che possa valere questo approccio, magari per qualche storytelling che profuma di cinema, ma di base lì arriva un po’ prima la riflessione estetica su “con che lenti giriamo? Perché? Con che macchinismi? Quest’immagine deve essere il più figa possibile, ecc”
UN GIORNO STRAORDINARIO // OFFICIAL TRAILER from Nicola Martini on Vimeo.
Comunque sia la scelta della tecnica per me non deve mai essere fine a se stessa ma sempre uno strumento per il raggiungimento del bello, del sensato e sopratutto di una determinata emozione.
Quali sono le videocamere e le lenti – tra quelle accessibili dal punto di vista economico – che consiglieresti ad un filmmaker in erba?
Una pagina bianca e un testo da scrivere. E leggersi “I tre usi del coltello” di David Mamet.
Cosa non ti piace nel mondo in cui tu ti muovi, vivi e lavori? Quali sono le cose che potendo cambieresti, o perché ingiuste, anacronistiche o non ‘logiche’?
Premessa: mi piace moltissimo il lavoro che faccio sia quando si tratta di pubblicità che di narrativa e mi stimola moltissimo ogni volta declinarmi in modo diverso in queste due anime che fanno entrambe profondamente parte di me.
Per quanto riguarda il mondo pubblicitario, credo sia abbastanza evidente a tutti che le dinamiche “politiche” e “relazionali” siano aspetti forse troppo importanti nelle dinamiche di gara e nelle relative scelte. Ci sta eh, fa parte del gioco ma credo che, per il bene di tutti, per la competitività del sistema italiano e per la qualità finale dei progetti, possa bastare anche un pochino meno.
Si guarda spesso ai nomi stranieri ma mai al fatto che fuori dall’Italia il sistema è più sano, più diretto e qualitativo.
COMMERCIAL // PEUGEOT 508 // DIRECTOR’S CUT from Nicola Martini on Vimeo.
Un’altra cosa che a volte trovo un po’ noiosa è il seguire le mode in modo ripetitivo. Molti creativi, produttori, registi, brand che, siccome in questo periodo va di moda un certo tipo di “immagine” o di “stile”, vogliono girare quella cosa li in quel modo li con il risultato tecnicamente certamente buono ma poi tutto è uguale, omologato, non si capisce più chi ha girato cosa e per quale brand. A me questo aspetto a volte lascia un po’ perplesso. Credo che, aldilà delle tante belle immagini che si vedono negli spot e nei video di vario genere, si sia un po’ perso cosa significhi veramente la regia: mettere in scena e raccontare, ognuno con la propria identità, il proprio stile e le proprie attitudini. Io sto provando con grande sforzo a mantenere una forte identità e a non farmi risucchiare dalle mode passeggere, pur attingendoci con gusto, interesse e ammirazione.
Cosa avresti fatto nella vita se non fossi diventato un director?
Forse lo scrittore (che in parte faccio già quando mi capita di lavorare a sceneggiature). In realtà non saprei, ho sempre voluto fare il regista da quando ero adolescente, non ho mai avuto piani B. Ecco pensandoci forse il giornalista, ma non sono sicuro. O il vinaio.
Nicola Martini – Director
http://www.nicolamartinidirector.com/
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http://www.instagram.com/nicolamartini_director
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